Conclusioni - Paolo Puliti organista

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Dove c'è musica di devozione, Dio è sempre a portata di mano con la sua presenza gentile  (J. S. Bach)

Viaggio al centro della fuga - Johann Sebastian Bach: fuga in mi minore BWV 548

F u g a   i n   m i   m i n o r e   p e r   o r g a n o   B W V  5 4 8   d i   J.  S.  B a c h:

C o n c l u s i o n i

In termini generali la forma musicale della fuga si presenta all’ascoltatore con caratteri drammatici e dialettici, dovuti in primis al classico contrasto fra il soggetto e il controsoggetto. La sua intensità si origina anche dalla ritmica accumulata, dal momentum armonico e dal contrappunto.
Poiché le forme sonate si sviluppano attraverso i contrasti, e le forme fugate si sviluppano mediante maggiore o minore accumulazione lineare d’intensità, la combinazione dei caratteri delle due può dare origine a grandi strutture ‘intriganti’, con variabili gradazioni di slancio.
I compositori hanno sovente sperimentato l’uso della fuga in forme ibride; la fuga per organo BWV 548, assieme all’ampio preludio che la precede, combina i principi della fuga e del concerto. La monumentale sezione intermedia (B), preceduta dalla potente cadenza finale della prima sezione (A), alterna passaggi fugati ad una più brillante scrittura di genere toccatistico. La ampia confutatio centrale induce l’ascoltatore a dimenticare la struttura rigorosa della fuga, complice anche la scrittura che diventa improvvisamente ad una voce sola. Questo è un aspetto abbastanza singolare, per attenuare la sonorità dell’organo, Bach diminuisce  fino a due le voci utilizzate, come avviene per esempio nella fantasia e fuga in sol minore BWV 542. L’opera è completata dalla ripetizione letterale della prima sezione: come suo solito, Bach prende a prestito e rielabora un elemento della musica italiana, in questo caso il ritornello del concerto vivaldiano.
E’ da sottolineare la differenza tra questo tipo di forma, incorniciata da una fuga ricorrente e limitata ad un soggetto, e il tipico stile toccatistico di Buxtehude e di altri predecessori di Bach.  Costoro, di fatto, non ripresentano mai il materiale fugato precedentemente ascoltato, e spesso ricorrono a due o tre sezioni fugate (con soggetti sviluppati da quello della prima fuga) inframmezzate da episodi liberi, per cui i loro lavori assumono più marcatamente i caratteri dell’improvvisazione.
Potremmo leggere tutta la BWV 548 in chiave evolutiva rispetto a quelli che Buxtehude chiamava “Preludia” e rispetto agli stessi Preludi e Fuga bachiani. Bach, infatti, coerente con la sua continua sperimentazione, propone in questa, che chiama “fuga”, una fusione del linguaggio toccatistico con quello contrappuntistico, facendola per di più precedere da un “preludio” orientato decisamente in direzione di una scrittura che ricorda molto da vicino quella dei grandi cori con strumenti, tipica dei movimenti introduttivi delle Cantate o degli Oratori.
Come ultima osservazione, alla luce dell’analisi svolta, si potrebbe considerare la fuga in mi minore BWV 548 (così come altre forme similari della maturità bachiana) alla stregua di una Fantasia  contrappuntistica, in quanto l’autore vi sperimenta nuove soluzioni che allontanano sempre di più la fuga dai canoni consueti.


Webmaster: Paolo Puliti Collaborazione: Federica Frediani
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