Bach: Von Gott will ich nicht lassen, BWV 658-658a - Paolo Puliti organista

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Dove c'è musica di devozione, Dio è sempre a portata di mano con la sua presenza gentile  (J. S. Bach)

Madre non mi far monaca:
una Monica che non vuol farsi Monaca,
una Melodia profana che vuol farsi Melodia sacra

A l c u n e   o p e r e   c o m p o s t e   s o p r a  " l' A r i a   d e l l a   m o n i c a "

J o h a n n   S e b a s t i a n   B a c h: Von Gott will ich nicht lassen, BWV 658-658a

Von Gott will ich nicht lassen,
deun er lässt nicht von mir,
führt mich auf rechter Strassen,
da ich sonst irret sehr.
Er reicht mir seine Hand,
den Abend und den Morgen
tut er mich wohl versorgen,
sei wo ich woll’ im Land.

Da Dio non voglio separarmi,
poiché Egli non mi abbandona,
Egli mi conduce per le rette vie,
altrimenti sarei smarrito.
Mi tende la mano,
di sera e di mattina,
provvede ai miei bisogni,
ovunque mi trovi.

È l’ottavo dei 18 Corali di cui si compone la raccolta conosciuta come Autografo di Lipsia, nella quale confluiscono composizioni elaborate a più riprese, corrette e riunite  da Bach stesso in periodi diversi della sua vita.
Adattamento di una precedente melodia di Crüger (1653), ovviamente mutuata dalla versione tedesca della "Monica" "Von Gott will nicht lassen",  è l’espressione  sincera dell’urgenza di un’intima relazione dell’uomo con Dio. Tale relazione è restituita attraverso le figure sottilmente diminuite della melodia, quest’ultima eseguita come cantus firmus al tenore (pedale), che attraversano tutta la composizione, dipanando un tessuto finemente ornato sino alla conclusione, nella ossessione palpitante dell’incontro con Dio.
L’uso della "patetica" tonalità di fa minore e l’espressività dei numerosi intervalli diminuiti di quinta e di settima nel contrappunto, accentuati dal temperamento inequabile degli organi dell’epoca, sono vivificati dal ritmo che solitamente Bach riserva per la gioia piena (una nota lunga seguita da due brevi, in valori piccoli), e rivestono questo brano di un sentimento di felicità che è intimo, pacato e riflessivo.

Per la forma di questa composizione Bach sceglie una delle tecniche preferite da Johann Pachelbel: non va dimenticato che il suo primo maestro fu allievo diretto di Pachelbel.
Il motivo contrappuntistico iniziale rielabora a valori diminuiti l’incipit della prima frase, mantenendone la scansione ritmica, e anticipando così in modo diverso ma simile per l’ascoltatore ciò che poco dopo dirà il pedale con il vero e proprio cantus firmus a valori larghi.

Una coda conduce al ritornello della prima parte del corale (e dell’Aria).

La seconda parte del corale (che corrisponde alla seconda sezione dell’Aria) è divisa in 2 frasi.
La  prima frase è introdotta, secondo la sopra citata modalità iniziale di ascendenza pachelbeliana, da un contrappunto che questa volta presenta vari ornamenti melodici ed è seguita dall’esposizione del cantus firmus al pedale.
Ciò avviene anche per la seconda frase che, senza alcuna pausa, riporta di seguito le ultime 3 frasi della melodia protestante (che coincidono col resto dell’Aria).
Questo procedimento è assai interessante perché crea un’accentuazione della tensione emotiva, dovuta appunto alla mancanza di “respiro” e all’intensificarsi del gioco contrappuntistico, che conduce d’un fiato l’ascoltatore verso la cadenza in fa maggiore, che così viene davvero vista come l’incontro fortemente desiderato ed anelato con Dio.

Ma non è finita: nelle due battute finali del corale, sul pedale di tonica, si svolge un triplice ostinato armonico ritmico e melodico, che contribuisce a mantenere vivi, a conclusione tonale già avvenuta, i motivi di elevazione e di movimento che informano tutta questa composizione.

Webmaster: Paolo Puliti Collaborazione: Federica Frediani
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