7 settembre 2008 - Copia - Paolo Puliti organista

Vai ai contenuti

Il Vangelo della domenica

(7 settembre 2008)


Mt 18,15-20
Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello.

+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».


Un invito chiarissimo e una promessa stupenda nel brano di Matteo di questa domenica.
L'invito: quello di correggerci a vicenda. "Se tuo fratello commette colpa, va' e ammoniscilo…" Un compito  difficile, specie se la colpa è nei nostri confronti.
Va subito detto che il Signore non cancella affatto la giustizia quando deve esserci, Lui, che è "giusto Giudice", come insegna la Parola. Ecco perché è tanto sciocca l'abitudine di chiedere a delle povere creature, complice la Tv, se vogliono perdonare dopo una tragedia di morte violenta che ha colpito qualche loro caro. Domande improprie, inutili e disumane.
Il Discorso è diverso nel Vangelo. Salva la giustizia, deve essere sempre presente nelle relazioni abituali della persone, la carità. E questo in famiglia, con gli amici, negli ambienti di lavoro. Correggere non significa giudicare. Significa piuttosto segnalare a chi ci preme che, secondo noi, sta sbagliando. Ecco il perché della delicatezza di un primo richiamo privatissimo. Solo quando lo sbaglio, il peccato, diventano  gravi e anche motivo di scandalo, solo allora deve esserci il richiamo per chi insiste nell'errore di tutta una comunità. Si chiami Chiesa o si chiamo altro. Se però vivessimo l'invito, la vita fra noi sarebbe davvero fraterna e, sicuramente, più felice.
Si imiterebbe il Padre. Quando si sbaglia, eccolo, con la sua tenera carità.
Ce lo dice bene un prete grande, Primo Mazzolari:
"Due mani che mi prendono quando più nessuna mano mi tiene: ecco Dio".
La promessa.
Insegna Gesù:
"Se due si accorderanno per domandare qualunque cosa al Padre mio nei cieli, Lui ve la concederà".
Poi:
"Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
Qui la nostra fede è provata. Perché troppe volte ci pare  che il Padre non conceda quello che chiediamo. Una guarigione, un lavoro, qualche grazia per i figli. Ma se imparassimo a vedere oltre, e a scommettere che Lui nel giusto momento ci concede più di quel che chiediamo, rimane o no vera quella promessa?
Sapere infine che quando ci riuniamo per pregare, per fare del bene, per soccorrere il grido dell'umile e del povero c'è Gesù con noi, tutto diventa grande e, misteriosamente, tutto diventa festa.
Si risale così alla sorgente, dove impariamo la pietà, dove riceviamo pace.



Gualtiero Sollazzi


Webmaster: Paolo Puliti Collaborazione: Federica Frediani
Torna ai contenuti