28 settembre 2008 - Copia - Paolo Puliti organista

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Il Vangelo della domenica

(28 settembre 2008)


Mt 21,28-32
Pentitosi andò. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.


+ In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?».
Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro:
«In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».



Occorre stare attenti.
Si dicono troppi "sì" al Signore che poi, per troppa leggerezza, rischiano di diventare, o diventano, dei "no". Gesù, lo leggiamo nel brano evangelico di questa domenica, quasi simpatizza per il figlio che, per chissà quali ragioni, dice un antipatico 'no' al padre, compie vera disubbidienza, ma poi si pente, e va nella vigna. Già, ancora la vigna, immagine del Regno.
Il Signore chiama noi suoi figli, liberati a prezzo di sangue e di croce, a lavorarvi. Nessuno escluso. Non basta la parola, anche quella bella del 'sì' per essere operaio, anzi: per avere l'onore di essere veri operai nel campo amato del Padre. Meglio assai, la momentanea ribellione a causa, magari, di una dura prova improvvisa, di un dolore che appare intollerabile, che il 'sì' furbo di chi crede di lavorare perché ascolta la Messa alla domenica e stop. La persona in croce, quella che lì per lì si è ribellata, ripensandoci, va lavorare. Sopportando con fede,  accogliendo il povero, pregando di cuore. Il "no" va contestato nella nostra vita di figli di Dio. Vale solo quello alla colpa, all'offesa a Dio e all'uomo. Ma, poi, è meglio essere amici del "sì".
Come Abramo, come Maria, come Gesù con quel "sì, Padre" che ha accompagnato la sua vita. Cristo è stato chiamato, non a caso, "l'Amen del Padre". Noi, specie nelle celebrazioni, diciamo spesso Amen! Con le parole certamente, e il cuore? L'Amen dovrebbe fare da colonna sonora del nostro vivere, del nostro operare. Una vita di "sì" che la renderebbero splendente, perché Dio ama coloro che fanno la sua volontà. Una volontà di salvezza, per un banchetto eterno di festa.  Il nostro Amen in terra, preparerà quello del cielo, unito all'Amen degli Angeli, dei vegliardi, dei quattro esseri viventi che Giovanni racconta nel libro consolante dell'Apocalisse: "Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:  "Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen".



Gualtiero Sollazzi


Webmaster: Paolo Puliti Collaborazione: Federica Frediani
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