Gli incontri di Gesù nel Vangelo VIII - Paolo Puliti organista

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Dove c'è musica di devozione, Dio è sempre a portata di mano con la sua presenza gentile  (J. S. Bach)

I contenuti di questa pagina sono stati scritti appositamente per me dal carissimo e indimenticabile amico
Gualtiero Sollazzi che è tornato al Padre il 18 luglio 2018

Il giovane ricco

Gli evangelisti Luca, Marco, Matteo raccontano l’episodio sul quale stiamo per  riflettere.
Si parla di ricchezza e  soprattutto su come spendere la vita.
Leggiamo la narrazione di Marco:


Il Vangelo
(Mc 10, 17-22)


17Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". 18Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre". 20Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!". 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.


Conosciamo anche il racconto di Luca (18, 18-23) e di Matteo (19, 16-22)

Esaminiamo il testo in profondità.
Ci sono delle domande:
- Che cosa devo fare di buono?  
- Cosa fare "per possedere la vita eterna?"

Con la prima domanda Gesù vuol far capire solo una cosa: Dio solo è buono. E forse vuol anche aiutare il giovane a scoprire che ha davanti il Figlio di Dio.

Nella seconda c’è un verbo che non va: "possedere". Possedere da l’idea di fare, comprare, conquistare…
C’è, poi il cammino che l’uomo è chiamato a compiere: vivere i Comandamenti. Gesù lo indica anche a quel giovane. Lui, però, ha sempre osservato i Comandamenti, i doveri li ha compiuti, ma sente che gli manca qualcosa. Lui cerca…



C’è un atteggiamento di Gesù che va compreso bene: "Fissatolo, lo amò". Vuol avvolgere col suo amore questo giovane in ricerca. Sa che lui è ricco, attaccato alle sue cose e gli propone di fidarsi di una parola, la sua: "Una cosa sola ti manca, và, vendi quello che hai e dallo ai poveri" "Avrai un tesoro nei cieli". "Poi, seguimi"
Ci sono 3 verbi da non dimenticare: Vendi, Dona, Segui.
Il giovane però si spaventa, non capisce che la felicità dipende non dal possedere ma dal donare, che il cuore dipende non dai beni ma dai volti…  

Risultato: una grande tristezza!



Per Noi

Marcello Candia, era un ricco. Nel 1967, venduta la fabbrica, si trasferisce a Macapà, in Brasile, dove realizza un grande ospedale. Nonostante la fragilità dei fisico, avvia numerose altre opere, tra cui il Lebbrosario di Marituba e un monastero di clausura. L’eredità spirituale che Marcello Candia lasciò ai suoi amici, è una frase che aveva fatto scrivere sulle pareti della sua abitazione in Brasile: "Non si può condividere il Pane del cielo, se non si condivide il pane della terra" Chi vuole, legga un libro su di lui: "Da ricco che era" di Giorgio Torelli.

Se pensiamo alla ricchezza, ci accorgiamo quanta sete se ne ha oggi. Fino a compiere ingiustizie, dare morte, calpestare diritti. Una delle ragioni della grande tristezza nel mondo ricco è per il desiderio smodato che se ne ha e dell’uso cattivo che se ne fa; ma chi reagisce, chi crede al Maestro, prova cosa significhi libertà.

E’ anche da evitare di sentirci a posto se "osserviamo tutte queste cose".  Certo che occorre obbedire ai Comandamenti. Il problema è se li vediamo solo come un dovere da svolgere o come un amore da vivere.

Infine: Lo sguardo di Gesù va accolto. E’ solo e unicamente uno sguardo di amore. Lasciamoci "fissare" da Lui che anche a noi, secondo la vocazione che abbiamo, dice:
Vendi – Dona - Seguimi!

E ricordiamo: La nostra vita non sia solo una domanda, deve diventare una risposta.

Preghiamo

Gualtiero Sollazzi

Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita.
Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte nei momenti di confidenza oso pensare, Signore, che anche Tu abbia un'ala soltanto, l'altra la tieni nascosta... forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza me.
Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami allora a librarmi con Te perché vivere non è trascinare la vita, non è strapparla, non è rosicchiarla: vivere è abbandonarsi come un gabbiano all'ebbrezza del vento; vivere è assaporare l'avventura della libertà, vivere è stendere l'ala, l'unica ala con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore: Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello, e aiutarlo a volare. Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi: non farmi più passare indifferente davanti al fratello che è rimasto con l'ala, l'unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te: soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un'ala di riserva.
Amen

(don Tonino Bello)


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