Dietrich Buxtehude: Von Gott will ich nicht lassen, BuxWV 220-221 - Paolo Puliti organista

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Dove c'è musica di devozione, Dio è sempre a portata di mano con la sua presenza gentile  (J. S. Bach)

Madre non mi far monaca:
una Monica che non vuol farsi Monaca,
una Melodia profana che vuol farsi Melodia sacra

A l c u n e   o p e r e   c o m p o s t e   s o p r a  " l' A r i a   d e l l a   m o n i c a "

D i e t r i  c h   B u x t e  h u d e: "Von Gott will ich nicht lassen, BuxWV 220-221"

I Corali BuxWV 220 e BuxWV 221 rappresentano due versioni del Corale "Von Gott will ich nicht lassen".
La prima versione è  un corale ornato che necessita di essere di realizzato su tre corpi d’organo, il Rückpositiv (canto figurato), il Hauptwerk (mano sinistra) e il Pedale.
Le quattro frasi del cantus firmus al Rückpositiv sono anticipate in forma imitata sull’ Hauptwerk, secondo una prassi che da Johann Pachelbel in poi diventerà abituale in questo tipo di composizioni.
La prima parte dell’Aria è trasformata quindi in due frasi del corale: la prima è enunciata senza alcun ornamento, la seconda è il ritornello ornato della precedente.
La seconda parte dell’Aria è realizzata in due frasi ornate, senza alcun ritornello, come invece è presente nell’originale popolare.
Il Corale conclude con una coda anch’essa ornata, costruita su un pedale di tonica.

La seconda versione del Corale è in organo pleno, ed ha uno spiccato carattere toccatistico, come si può vedere fin dalle prime battute.

È interessante a questo punto scorrere il testo musicale di questo corale così come faremmo leggendo un testo sacro.
Coloro che, come nel passato, tuttora cantano e conoscono la sua melodia e il suo testo, vengono messi in grado di poter riconoscere perfettamente la melodia attraverso le  modifiche fatte da Buxtehude  alle frasi e agli incisi per mezzo delle "figure retoriche" secondo una pratica comune agli organisti tedeschi di quel tempo.

Possiamo chiaramente constatare, con l’aiuto dello schema sopra riportato, come l’elaborazione organistica nel suo dipanarsi rimanga legata a filo doppio con la melodia protestante, rispettandone sempre la scansione metrica ed evidenziandone le cadenze.
Come non scorgere, partendo da questa osservazione, una delle applicazioni di quello che Lutero chiamava "evangelizzare attraverso la musica"?
Come non azzardare, pur con tutte le cautele del caso, un paragone con le "bibbie di pietra" scolpite nelle cattedrali medioevali, dove, attraverso le narrazioni e le raffigurazioni fantastiche, si voleva rendere partecipe il popolo, allora in maggioranza analfabeta, delle storie e delle simbologie bibliche?

Webmaster: Paolo Puliti Collaborazione: Federica Frediani
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